
Roberto Berardi, classe 1990, è un pozzo di informazioni sull’agricoltura, nonché un ragazzo animato da un profondo entusiasmo per l’ambiente. Potrebbe parlare per ore di piante, alberi, semine e biomassa, saltando da una parte all’altra, tra peperoni cruschi, fiori di zafferano e piante aromatiche, per mostrare ai visitatori fioriture nascoste ad occhi meno esperti e frutti appena nati. Ha un curriculum di tutto rispetto: negli ultimi 4 anni ha girato la terra di Brindisi e di Bari per occuparsi della realizzazione di orti, di giardini officinali e di agroforeste, prodigiosi sistemi di coltivazione che racchiudono sia alberi da frutto e alberi che servono per creare ombra o per rendere fertile il terreno, sia piante per produrre fibre tessili, ghiande e bacche utili alla sopravvivenza dell’uomo in situazioni estreme, come guerre o alluvioni: un modo per dotare tutta la società di risorse preziose in tempi in cui i cambiamenti climatici sconvolgono gli equilibri ambientali. Eppure, Roberto si schermisce quando gli si chiede di parlare di sé e finisce sempre a deviare il discorso sulle piante, la sua grande passione. Oggi proviamo a raccontarvelo.
Come hai cominciato ad interessarti di agricoltura?
Sin da piccolo ero affascinato dalle attività manuali: mi piaceva smontare e rimontare gli oggetti per capirne il funzionamento e maneggiare la terra. La passione per l’agricoltura però è nata per puro caso. Dieci anni fa ero andato a vivere in Australia e lavoravo come bartender: facevo vita notturna e avevo ben altro stile di vita allora. Volevo restare in Australia, ma alla scadenza del visto dopo tre anni e mezzo ho preferito viaggiare un altro po’. Sono tornato in Italia, poi mi sono trasferito a Londra per un anno, continuando a fare il bartender, ma non è durata molto. In quel periodo ho cominciato a realizzare che quello stile di vita non era sano, né per il mio corpo né per la mia mente. Volevo impiegare il mio tempo in qualcosa di più significativo per il pianeta, ma non sapendo esattamente di cosa mi volevo occupare sono entrato un po’ in crisi.
Potremmo dire che ad un certo punto la terra ti ha richiamato a sé, praticamente.
In un certo senso sì! Ho sentito parlare di permacoltura e ho cominciato a studiare, ad informarmi per conto mio e anche a sperimentare con le mie prime semine e coltivazioni. Quando sono tornato in Italia, ho cominciato un corso di permacoltura nell’azienda agricola Mater, di Brindisi, e sono rimasto a lavorare lì per un anno. Poi ho avuto l’occasione di lavorare in un giardino officinale, e mi si è aperto un altro mondo fantastico. Queste attività quasi meditative mi facevano sentire bene con me stesso, e in effetti potevano permettermi anche di fare del bene agli altri, quindi avevo ufficialmente trovato la mia strada!
Di cosa ti occupi nello specifico all’interno dello staff del Casale?
La famiglia Pontrelli mi ha affidato la creazione, la gestione e la cura del suo Orto, che si estende all’incirca per un ettaro e mezzo. Stiamo già lavorando per farlo diventare pienamente funzionale.
Quali sono i tuoi progetti per questo Orto?
L’obiettivo principale che abbiamo è creare sia un centro di produzione di cibo, sia un punto d’incontro tra generazioni e uno spazio sociale che permetta ad adulti e bambini di scoprire e riscoprire un legame col territorio e con la terra. Abbiamo in progetto di convertire la parte dell’Orto più in ombra in una piccola agroforesta di piante officinali, vari tipi di bacche, dal lampone alle bacche di goji, piante mediche e spezie, tra cui lo zafferano: tutte piante che riescono a crescere senza necessitare di sole, all’ombra degli alberi. Pianteremo anche dei pioppi, su cui inoculeremo funghi commestibili e officinali. La porzione più esposta al sole sarà il vero e proprio orto, che prevediamo di condurre usando anche il sistema dell’Orto in Affitto, che sarà aperto a chiunque voglia dedicarsi in prima persona alla coltivazione di ortaggi. Una buona porzione dell’Orto sarà, naturalmente, dedicata alla coltivazione di ortaggi ed erbe per la cucina del Casale. Il clima caldo di quest’ultimo anno potrebbe addirittura permetterci di coltivare piante esotiche come il mango e l’avocado!
Domanda difficile: secondo te cosa possono imparare i bambini e i ragazzi di oggi dalla terra e dai ritmi della natura?
Secondo me la cosa fondamentale che i bambini e i ragazzi, ma anche gli adulti, possono imparare dalla terra è la pazienza. Lavorando a stretto contatto con la natura si impara ad capire che dopo aver piantato un seme bisogna avere cura di quel seme, ma anche la pazienza di aspettare che metta radici con i suoi tempi e che produca frutti. Non è semplice, soprattutto per i ragazzi: con Internet ci siamo tutti abituati ad avere tutto e subito. Avere il proprio orto e coltivare il proprio pezzo di terra significa lavorare oggi con la speranza che in un futuro prossimo nasca qualcosa. Aspettare, prendersi cura delle cose senza pretendere nulla in cambio, dare amore incondizionato agli esseri viventi: queste sono cose che dovremmo imparare tutti, a prescindere dall’età.
Ultima domanda: hai una pianta che consideri la tua preferita e che coltiveresti ovunque?
Le piante mi piacciono tutte, è come chiedere ad un padre quale sia il suo figlio prediletto! Ma ho un debole per le piante vigorose, che amano essere potate e accorciate e che producono biomassa e un terreno ricco di humus, come la salvia guaranitica. Ma penso che la mia pianta preferita in assoluto sia la Tagete Lemmonii, una calendula perenne che ha un intenso odore fruttato di agrumi. Mi piace così tanto che mi sono ripromesso di farne un filare per estrarne l’olio essenziale!
Incontreremo ancora Roberto nelle nostre incursioni settimanali nell’Orto, per osservare le stagioni che cambiano e conoscere meglio le piante e le verdure che la terra regala al Casale. Alla prossima!