Uno degli imperativi categorici di Casale Pontrelli è quello di rimanere fedeli a sé stessi. E cosa c’è di più fedele alla storia e all’eredità di una grande masseria immersa nel verde di un design di interni basato su uno stile shabby e country chic?

Chi conosce bene l’inglese sa che l’aggettivo “shabby” non ha esattamente un significato positivo: normalmente significherebbe “squallido”, “malandato” o, nel migliore dei casi, “logoro”. Ma nonostante si porti dietro un nome così controverso, lo stile shabby chic cavalca da anni la cresta dell’onda nell’ambito dell’interior design e dell’organizzazione di eventi. Questo per la ben studiata semplicità degli arredi e per l’uso attento di decorazioni floreali, stoffe ed elementi decorativi, che nel loro complesso evocano una storia condivisa: quella delle antiche case di campagna, spesso appartenenti a nonni o bisnonni, in cui mobili, divani, sedie e suppellettili portano su di sé i segni dello scorrere del tempo che li ha resi “trasandati”, ma li ha anche impreziositi, dando loro un valore altissimo, tanto economico quanto sentimentale.
Lo shabby e il country chic devono la loro origine proprio alle grandi ville nobiliari e ai cottages della campagna inglese, in cui era abbastanza comune trovare grandi e scolorite poltrone di chinz, composizioni floreali di lavanda e agrifoglio essiccati in lunghi vasi di creta, tovaglie chiare di lino francese e antichi cassettoni di legno grezzo, elementi preziosi che spesso non venivano restaurati né sostituiti perché venivano tramandati di padre in figlio, per generazioni. Nello shabby chic lo stato di usura di mobili e suppellettili è molto importante: la chiave di tutto sta proprio nel riutilizzare il più possibile, senza alterarli, arredi e stoffe vintage, per nobilitarli ed ottenere un risultato elegante e armonioso.
A rendere lo shabby chic una vera e propria moda fu la giornalista e interior designer britannica Georgina Hogg: negli anni ’80 fu la prima a coniarne il nome e a scriverne nel mensile The World of Interiors, scatenando una vera e propria ossessione per questo stile, tanto da farlo approdare negli Stati Uniti dieci anni dopo, dov’è ancora uno stile particolarmente amato, soprattutto nelle città di Los Angeles e San Francisco.
Ma torniamo tra le mura del Casale.


Se c’è una cosa che a Casale Pontrelli non manca, è la narrazione di una storia attraverso gli oggetti: cesti di vimini, forbici di ferro, secchi, botti, antiche damigiane di vimini e vetro verde arricchiscono i muri perimetrali all’interno e all’esterno delle sale, raccontando una storia di amore, lavoro e sacrificio. Ma nella sala principale, alzando gli occhi al cielo, è impossibile non notare che le luci fissate sul soffitto fanno parte di un’elaborata e armoniosa composizione di cinque lunghe scale di legno a pioli, un tempo usate per la potatura e la raccolta di frutti, arricchite da fili di perle, fiocchi bianchi, pigne e libri antichi, tra cui un libro di ricette degli anni Quaranta. La scala centrale apparteneva al patriarca della famiglia Pontrelli, nonno Nicola detto ‘Nat Luc’, mentre le altre quattro, disposte ai quattro angoli della sala, sono state recuperate, quando ormai erano in disuso da anni, da altre masserie e cantine locali. Non sono state ridipinte, né laccate, né restaurate: gli è stata semplicemente infusa una nuova vita, gli è stato dato un nuovo scopo. Una scelta di stile che significa non solo aderire alle regole dello shabby chic, ma anche ridurre gli sprechi e salvare più tracce possibile del tempo passato, senza rinunciare ad un viscerale legame con la propria terra e con le tradizioni che le appartengono.
Altri oggetti unici e inimitabili troveranno presto casa tra le mura del Casale, e noi saremo qui per raccontarveli…
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